hotel cave bianche

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Il progetto consiste nella realizzazione di una struttura alberghiera attraverso il recupero della più grande cava ipogea di calcarenite dell'isola di Favignana dismessa nel 1970.

La prima fase dei lavori di recupero iniziata nel 2003 ha affrontato la messa in sicurezza, il restauro ed il consolidamento statico delle pareti della cava, mentre le fasi successive le problematiche tecnico- architettoniche. I lavori sono stati ultimati nel 2015. La zona di escavazione posta ad una quota di metri dodici al di sotto del piano di campagna, ha un'estensione di metri quadrati novemilacinquecento.

Il particolare contesto ambientale ha richiesto la costruzione di un edificio a bassa tecnologia e l'impiego di materiali adeguati a sostenere una profonda relazione con il luogo e con il clima.

Il progetto di albergo ipogeo si è prefissato di non modificare gli spazi escavati di fondo cava ed i grandi muri di calcarenite (veri e propri monoliti alti anche dodici metri e spessi fino a cinque metri) residuati dall'attività estrattiva. Gli spazi di fondo cava delimitati dai muri di calcarenite hanno stabilito il dimensionamento e lo sviluppo planimetrico ed altimetrico del complesso ipogeo che si configura secondo una sequenza di volumi separati l'uno dall'altro attraverso tagli verticali che lasciano entrare la luce e l'aria

regolando la temperatura degli spazi interni.

Il volume destinato alle camere è suddiviso in due parti distanziate l'una dall'altra da una feritoia che taglia l'edificio in tutta la sua altezza permettendo alla luce naturale di penetrare dall'alto all'interno dei tre piani di elevazione: una soluzione mutuata dai pozzi di luce che venivano realizzati per illuminare e regolare la temperatura all'interno delle cave. Inoltre i grandi muri residuati hanno la funzione di schermare e deviare i raggi solari contribuendo ad abbassare la temperatura interna degli ambienti.

La struttura alberghiera è provvista di impianto solare e fotovoltaico. Il blocco di calcarenite faccia vista è l'unico materiale utilizzato per la costruzione degli edifici che, come nella tradizione costruttiva locale, ha permesso di reinterpretare la poetica del " non finito".

Le acque piovane provenienti dai solai di copertura vengono raccolte in una apposita cisterna e rimesse in circolo all'interno dell'impianto idrico. Le acque piovane che cadono sul fondo cava (-mt 12.00) vengono, tramite filtrazione, raccolte all'interno di 14 pozzi (diametro e profondità mt. 2.50) collegati l'uno all'altro tramite tubi in propilene che immettono in una grande vasca per essere successivamente utilizzate per l'irrigazione del giardino. Infine le acque reflue vengono trattate da un impianto di depurazione che permette di utilizzare una parte delle acque per l'irrigazione mentre la parte restante viene smaltita attraverso un sistema di subirrigazione.

Il progetto è stato selezionato per la XIV e XVI Biennale di Architettura di Venezia.